Ad un certo punto il vento teso è diventato vento forte, poi l’intensità è cresciuta ed è diventato burrasca e poi tempesta, a quel punto ha superato i 100 km/ora e si è intensificato ancora di più. Non si era mai visto un vento alla velocità di un uragano da quelle parti, sul mare sì, ma mai sulle Alpi.
Sul mare aperto è facile che si formino uragani e che i venti spazzino le onde, difficile che succeda in montagna dove la conformazione del terreno frena la velocità del vento eppure è successo e quel vento ha spazzato via interi boschi di abeti altissimi. Quell’uragano fu soprannominato …
Vaia è parola portoghese che significa “grido improvviso”.
Era l’ottobre del 2018 quando sulle alpi Orientali il vento raggiunse il 200 km orari, una velocità mai vista da quelle parti. Furono colpiti gli abeti che, sempreverdi, offrono al vento la loro chioma tutti i mesi dell’anno e le cui foglie non vibrano né cadono. Milioni di abeti restarono a terra, il paesaggio venne sconvolto e cambiò connotati. Segnò una lezione culturale: la ricostruzione dopo la prima guerra mondiale aveva portato a piantare abeti e ancora abeti, per rimboschire i monti, e ora questa monocultura della conifera mostrava i suoi limiti. I boschi dovrebbero essere costituiti da specie diverse, così nel futuro il fenomeno dovrebbe essere attenuato.
Faceva impressione quel deserto di schegge, tronchi a terra e qualche sparuto tronco spelacchiato immerso nel vuoto.
Da questo deserto è nato un …
Si erge fiero a guardare i boschi e le vallate dell’altopiano di Lavarone. Sembra avere le piume delle ali scosse dal vento, ha zampe possenti, sguardo fiero, corna e cresta. È costruito interamente da resti di alberi scheggiati, simbolo efficace della forza della natura. La sua costruzione è un esorcismo per tenere lontana la forza distruttrice del vento.
È opera efficace di uno scultore trentino, Marco Martalar. È alto 6 m e lungo più di 7. Per realizzarlo ci ha messo mesi di lavoro, ha utilizzato legno di scarto.
“La tempesta ha colpito proprio il legname, gli alberi con cui io sono cresciuto. Ho pensato dunque di ridare vita a questo legno, come per dare un senso, seppure piccolo, a tutta questa devastazione” (intervista a Marco Martalar su Il Valore Italiano – https://www.ilvaloreitaliano.it/la-natura-che-rinasce-arte-intervista-a-marco-martalar/)
Nome d’arte dopo che Marco Martello si è trasformato in Martalar, termine cimbro che sta per boscaiolo. Nato a Mezzaselva ha abitato nell’alto vicentino a Schio e Thiene. Ora è tornato a Mezzaselva dove ha il suo laboratorio.
Il “Drago di Vaia” è significativo per la posizione panoramica sul monte Tablat sopra Lavarone; ha dato la stura ad altre sculture realizzate con schegge di legno e altrettanto iconiche: un lupo, un leone, un cervo, un gallo, perfino un’ape.
La sua produzione non è solo su scala ciclopica, sa lavorare il legno seguirne i nodi e le fibre. Renzo Pietribiasi è andato a trovarlo nella sua bottega. Ne è nato un portfolio che è un vero e proprio …
Cosa succede quando si mette in relazione scultura e danza, volti di legno e corpi vivi?
Quando le arti si rincorrono e si imitano?
Quando il corpo si confronta con la sua imitazione?
Fotografie di Renzo Pietribiasi