Era il 1996 quando venne inaugurata a Schio la Porta della Luce, un scultura in terracotta alta ben 4,5 metri. Talmente grande che ha dovuto essere realizzata da 28 elementi poi assemblati. Ricordano due ali emergenti dal suolo e nel vuoto tra le due si disegna un una specie di percorso sinuoso. È questo vuoto che diventa una lente, un canocchiale attraverso il quale inquadrare il cielo, il castello di Schio, il sole in controluce; insomma è il mezzo tramite il quale il “monumento” non attira su di sé l’attenzione, ma diventa strumento per guardare con occhio nuovo tutto quello che lo circonda.
Questo vuoto evoca quel capolavoro della scultura novecentesca che è la Colonna Infinita di Costantin Brancusi eppure non c’è un grammo di imizazione tanto sono diverse le due opere.
Quest’opera, monumentale nelle dimensioni, è opera di un ceramista scledense, una figura straordinaria di artigiano, di intellettuale, di pedagogo, di artista: Giancarlo Scapin.
Ho compiuto i miei studi classici dal 1961 al 1966. Dal 1966 al 1968 ho frequentato un Biennio propedeutico in Filosofia, da cui sono uscito con una tesi su “L’origine del senso di colpa in Theodor Reik”.
Nell’estate del 1967, durante un Raduno Internazionale di giovani studenti a Taizé in Borgogna (F), in un periodo di grande ricerca esistenziale, ho conosciuto il ceramista Daniel de Montmollin. Ho visitato il suo studio, ho spaccato la legna per il suo forno ed ho comperato il suo libro su tecnica e filosofia del mestiere “Le poeme ceramique” che mi ha aperto gli occhi nei confronti di un “fare” con la materia che diventa un cammino parallelo con quello dell’uomo.
L’incontro con Daniel e con quanto ho potuto leggere nel suo libro mi ha provocato una crisi tale da indurmi a sospendere l’Università per iscrivermi, nel 1969, all’Istituto Statale d’Arte di firenze dove ho potuto conseguire il titolo di Maestro d’Arte e successivamente la Licenza dal Biennio di Magistero. In seguito nel 1973 ho sostenuto l’esame di Maturità d’arte applicata alla Ceramica. In questo periodo hanno lasciato un segno determinante nella mia formazione artistica i docenti Bruno Paoli e Fiorenzo Faorzi. (http://www.giancarloscapin.com/biografia.html)
Riprende gli studi di filosofia, ma la crisi è ancora viva “sentivo che la via della Bellezza prevaleva sulla via del Vero … E non potendo ingannare me stesso ho scelto la via dell’espressione artistica senza rifiutare il passato, i miei studi sulla simbologia e tutto il resto che coltivo tuttora: quel patrimonio che oggi riaffiora nelle mie creazioni e in quel modo d’essere del “come” lavorare, dal “festina lente” di Marsilio Ficino al desiderio quotidiano di voler “condensare lo Spirito poetico nella materia e sciogliere la materia per trasformarla in Spirito”.
Scelta la strada dell’arte, vi si dedica in profondità. Va a bottega per circa un anno da Nanni Valentini ad Arcore cercando di approfondire le tecniche degli smalti per alta temperatura e cogliendo una nuova concezione del “fare ceramica” che superava l’impostazione prettamente artigianale della sua formazione.
Nel 1977 apre una sua scuola il …
Si trattava di costruire un mestiere e dare statuto a un’arte, non era una ricerca solitaria, tutt’altro. Era una ricerca collettiva che estende a tutti quelli che incontra o lo seguono. L’apertura è internazionale, collegata com’è alle iniziative di ArtiGenialità Europea così come vasta è l’area di provenienza dei suoi alunni/collaboratori: Germania, Olanda, Svizzera, Croazia, Spagna, Paesi Baschi, Portogallo, Algeria e dall’isola di Formosa oltre a giovani da ogni parte d’Italia.
La filosofia ritorna, ma stavolta emerge nei panni del “fare arte”, nel segno di un pensiero libero e non conformista.
Nella mia vita ho incontrato artisti ed uomini illuminati, che vivevano fuori dal pensiero comune ed omologato della massa, i quali mi hanno aiutato a concepire diversamente il mio lavoro: mi hanno aiutato a vedere l’arte non come puro estetismo fine a se stesso; mi hanno insegnato che l’arte non è un insieme di creazioni atte a provocare shock e che essa non è comunicazione fra diverse sensibilità, ma è il mezzo per evocare l’anima delle cose e lo spirito della materia.
L’arte trasforma l’uomo, non l’uomo spettatore, ma l’uomo faber. Alla materia si avvicina il corpo dell’artista e nel plasmarla il corpo stesso riceve un impulso “l’interazione delle molecole agisce sui muscoli e sul sistema nervoso” e l’artista risulta cambiato dalla sua stessa produzione artistica. “Quando la materia che lavoro subisce una metamorfosi anch’io vivo una metamorfosi parallela e reversibile fino a divenire una forma di body art“.
Giancarlo fa scuola, dibatte con i suoi pari, indaga l’arte sua, l’arte in generale e scrive
Parimenti si potrebbero citare altrettante conferenze, interviste, presentazioni a Padova, Milano, Lissone, Kansas City, Udine, …
Giancarlo Scapin inizia con una collettiva dei “Giovani ceramisti veneti” presso la Fiera di Vicenza nel 1983. Poi si susseguono le mostre personali a Milano, Treviso, Bologna, Altamura, Landshut … Fino all’ultima grande personale dedicatagli dalla sua città: era il 2005 quando allestisce a Palazzo Fogazzaro di Schio la mostra “Il canto della terra” a cura di Dino Formaggio.
Le sue opere sono presenti in musei nazionali ed internazionali tra cui si ricorda:
Era il 2012 quando Giancarlo Scapin concordò con i soci del Circolo Fotografico un incontro nel suo laboratorio, nei pressi del vecchio Lanificio Cazzola: ci avrebbe permesso di fotografarlo mentre lavorava, e di riprendere liberamente le opere nel suo studio.
Il giorno prima dell’incontro Paolo Tomiello ricevette una telefonata di Giancarlo: tutto allarmato, gli disse che voleva onorare l’impegno preso, ma l’ultima chemio gli aveva procurato una notevole eruzione cutanea in viso, e temeva di non essere molto presentabile. In risposta il nostro presidente gli disse di non preoccuparsi: se il problema era solo quello, la fotografia ormai faceva miracoli!
Confermò che fisicamente stava bene, e l’incontro si fece. Non sapremo mai quanto gli sia costato, ma lavorò per noi tutto un pomeriggio, in modo anche molto faticoso, spiegandoci in aggiunta le varie tecniche di produzione.
E fu una giornata per noi straordinaria.
Guardate le foto che accompagnano questo articolo. Guardate il suo sorriso, spesso presente. Guardate la sua smisurata passione nel plasmare l’argilla. Giancarlo non aveva certo paura di sporcarsi le mani. In un cartello appiccicato ad una porta c’era uno scritto a penna relativo al filosofo francese Julien Benda, relativo al ruolo dell’intellettuale nella società contemporanea; al suo interno, una frase che probabilmente piaceva moltissimo a Giancarlo: “AL CIELO SI SALE CON LE MANI”. Forse, in queste foto siamo riusciti a catturare la sua passione, il suo modo di intendere l’arte e la sua empatia.
Giancarlo Scapin ci ha lasciati nel maggio del 2013. A dieci anni dalla sua scomparsa abbiamo voluto ricordare un amico.
Le foto che lo riguardano sono esposte nella mostra FOTOGRAFARE L’ARTE presso il Lanificio Conte _ Spazio shed, per informazioni vedi QUI.
Venerdì 12 maggio alle ore 20:30 presso la sala turbine del Lanificio Conte verranno proiettati degli audiovisivi: uno è dedicato a questo artista
Per approfondire conviene partire dal suo sito personale, che ha una grafica elegantissima e una bella rassegna di sue opere. Da qui abbiamo preso tutte le citazioni.
Altri siti che parlano di Giancarlo Scapin.
Le foto sono di Andrea Colbacchini, Egidio Dalle Molle, Paolo Tomiello.