Nel suo lungo corso al mare l’acqua ruscella vorticosamente precipitando da un roccia all’altra spruzzando gocce per ogni dove finchè arriva al mare dove le correnti rapiscono l’acqua e la portano lontano e i venti la frantumano contro gli scogli.
In questo eterno e turbinoso ciclo ogni tanto l’acqua trova un po’ di riposo, una parentesi quieta, quando raggiunge una conca vasta abbastanza perché si formi un lago.
Per un fotografo il lago presenta due pregi: di solito è circondato da vette suggestive, alberi, radici, canne; presenta un’acqua calma apparentemente immobile, se solo lo guardi il cielo, i monti e tutto quello che lo circonda si sdoppiano tra la realtà e il riflesso.
“Ogni lago ha la sua leggenda: una leggenda che ricorda le sue origini con precisione fantastica, e si tramanda di padre in figlio finché vien fissata sulla carta e stampata, nera sul bianco, da qualche raccoglitore.
Quanto al nostro lago, questo nostro magnifico lago di Varese, bianco sul nero se lo vedete nelle notti di luna, che si lascia comprendere d’un sol colpo d’occhio, non ha, ch’io mi sappia, una leggenda che ne racconti la nascita: nessuno dei buoni antichi ha trovato nipotini tanto poco amanti del sonno da dover inventare, per addormentarli, che gli Angeli riempirono con secchi d’oro tutta una valle, gli Angeli fecero spuntare l’isolotto, buon cane da guardia, e gli Angeli …” (Gianni Rodari, La leggenda del lago di Varese)
Se Rodari, scherzando, non trova nessuna leggenda sul lago vicino a cui abita, ben diverse sono le mitologie che, con intento romantico, si ambientano attorno ai laghi, dalle storie popolari che hanno dato luogo al Balletto di Chajkovskji (Il lago dei cigni) alle tenebrose leggende irlandesi, tra le quali ne proponiamo una.
Fotografie di Enrico Campana
C’era una volta la figlia di un potente re regionale, una ragazza splendida che chiameremo Deirdre. Deirdre viveva col padre in un castello su una collina, che fino a qualche secolo prima era stata un luogo abitato dai Tuatha De Danann, ma che ormai, dopo che San Patrizio aveva diffuso il Cristianesimo nell’isola, aveva perso gran parte del suo potere.
La madre di Deirdre era morta quando lei era piccola e il padre, da cristiano più che pio, non si era mai risposato. Così, la nostra Deirdre svolgeva a tutti gli effetti i compiti della castellana.
Una notte, però, a causa di una congiunzione astrale, l’antico principe del tumulo degli Elfi (perché questo era in realtà la collina) il quale viveva, ormai inconsapevole del suo antico splendore, ridotto a folletto scroccone nelle cantine del castello, tornò a sfolgorare della sua gloria di magica regalità. Quando uscì dalla cantina per salutare la luna, di cui poteva onorarsi di essere un lontano parente, Deirdre, che stava suonando l’arpa sulla torre del castello, lo vide, e se ne innamorò immediatamente.
Anche l’Elfo si accorse di Deirdre, colpito per la sua maestria nel suonare ancor prima di accorgersi della sua bellezza. Il mondo sembrò fermarsi attorno ai due: Deirdre componeva fortificando così il suo amore per il principe, che cantava il suo per la ragazza. Ma anche se tutto sembrava immobile, non era comunque possibile ingannare lo scorrere del Tempo e, proprio quando ormai la canzone del loro amore era ormai compiuta nella musica e nelle parole, il sole fece la sua comparsa, facendo ritornare il principe elfico alla sua condizione di folletto brutto e ignobile.
L’amore tra i due era però così forte che, nonostante il ritorno a tale infelice condizione, questa volta il folletto non dimenticò il suo passato, e tanto meno l’amore sbocciato quella notte. Una furia impotente lo indusse, sotto gli occhi della sua giovane amata, a gettarsi nel pozzo del castello per trovare la morte.
Deirdre, sconvolta, si lanciò verso il pozzo per cercare di salvare il suo orrendo amato, ma non ci riuscì. Le restavano solo le lacrime da versare. E le lacrime si perdevano nel pozzo e pianse talmente tanto che il pozzo, per le sue lacrime, cominciò a traboccare.
Gli abitanti del castello non videro altro che una pioggia tremenda di giorni e giorni, perché non potevano più vedere Deirdre, prigioniera della magia degli Elfi che si era impadronita di lei a causa del suo amore. La pioggia diventò una tempesta interminabile, sotto la quale tutti fuggirono in cerca di rifugio, mentre il castello veniva squarciato dai fulmini.
Quando, molto tempo dopo, tornò il sereno, fu solo perché Deirdre, dopo aver pianto tutte le sue lacrime, si era dispersa come cenere nel lago nato dalle sue lacrime, trasformando la collina su cui sorgeva il castello in un’isola.
Ancora oggi, recandosi di notte sull’isolotto in mezzo al lago, tra le rovine del castello, si può sentire risuonare nel vento la canzone dei due infelici amanti.
Tratto da: https://italish.eu/deirdre-del-lago/