Bruno Brandellero avevo 22 anni nel 1944, quando si trovò a fare la scelta più importante della sua vita: quella di sacrificarsi per salvare un’intera comunità, quella di contrà Vallortigara.
Bruno era nato ai Brandelleri in quel nastro di contrade che comprende Stonera e Codivolpe dove il paesaggio vallivo si trasforma in una piana d’altura subito sotto quel filare di montagne così riconoscibile e che porta di nome di Cornetto, Tre Apostoli, Baffelan, Sisilla, …
Lavora nei campi come i genitori e i fratelli. Ama il pugilato e si allena correndo con tronchi sulle spalle e prendendo a pugni sacchi pieni di torsoli di mais.
Il suo mondo è la valle ed è solo l’obbligo del militare che lo chiama fuori a conoscere una parte di mondo un po’ più grande. Nel frattempo è scoppiata la guerra, ma lui è impiegato come infermiere nell’Ospedale di Monselice.
Nel 1943 quegli stessi potenti che avevano deciso la guerra spodestarono Mussolini, che la guerra non sapeva fare e la stava perdendo. L’armistizio dell’otto settembre 1943 segna uno sbandamento totale e Bruno, come tutti, cerca di tornare a casa, ai quei campi dove poteva essere di aiuto alla famiglia.
Quando arrivò il nuovo arruolamento al servizio della Repubblica di Salò asservita ai tedeschi, si ribella e fugge in montagna assieme a una gran parte dei giovani di allora, e “ribelle” lo chiamano i bandi di allora assieme ai suoi amici partigiani.
Vivono tra i boschi, chiedono il cibo agli abitanti delle contrade, si muovono in continuazione con la pancia vuota e poche vecchie armi.
Nel giugno 1944 sua pattuglia deve trasferirsi dai monti che dividono la valle del Leogra da quella dell’Agno per dirigersi a oriente verso l’altopiano del Tretto. Giunti a contrada Vallortigara al termine di una giornata defatigante chiedono ospitalità agli abitanti, poche famiglie che li accolgono volentieri forse pensando che i loro figli erano anche loro in montagna e forse stavano chiedendo ospitalità a sconosciuti.
Vengono sfamati e accuditi al punto che i vecchi li lasciano riposare e si offrono di vegliare tutta la notte facendo loro da sentinella.
Al mattino la contrada è circondata, una marea di tedeschi e fascisti è disposta tutto attorno e comiciano a sparare. Loro sono ospitati in una teza, un fienile aperto che non offre ripari, hanno poche pallottole e ancor meno armi. Qualche tedesco riesce a gettare del fuoco sul fienile e la casa comincia a bruciare, sono obbligati a uscire sfidando le raffiche degli aggressori. I primi che si buttano fuori vengono falciati. La pistola di Bruno si è inceppata e quando tocca a lui fugge nel bosco e riesce a nascondersi, sorvegliando da lontano la situazione e contando quanti dei suoi compagni si sono salvati.
Finché non vede una cosa che gli fa orrore: tedeschi e fascisti hanno radunato vecchi e donne e li accusano di aver dato riparo ai “ribelli” ai “banditi”, saranno tutti fucilati. È a quel punto che Bruno Brandellero esce dal bosco e si offre, si vanta di essere un capo partigiano esagerando perché la sua vita abbia un peso sufficiente a salvare quella di tutti gli altri.
Viene preso e portato alle carceri di Marano Vicentino custodito dal 263° Battaglione Orientale, ex prigionieri russi ora collaboratori dei nazisti che si guadagnano la vita al prezzo di compiere i lavori più sporchi e disumani.
Dopo nove giorni di pestaggi e interrogatori ormai il prigioniero non vale più nulla, se anche parlasse i suoi compari sarebbero tutti al riparo. È il momento di ucciderlo. Sfigurato e denutrito non riesce a scavarsi la fossa e lo stesso becchino è sconvolto dalla violenza che Bruno ha subito. In due riescono a scavare appena un piccolo buco ed è lì che Bruno viene seppellito, così in superficie che la terra fatica a coprirlo.
Il filmato è di Vittorio Canova e ripercorre con serenità vicende tanto drammatiche. Nel corso della serata avremo la possibilità di parlare con il regista e i suoi collaboratori di discutere le scelte stilistiche, di vedere come si può fare un documentario senza attori abilmente mischiando riprese, voce narrante e musica.
Si parlerà di attrezzi, tecniche di ripresa, montaggio, ma anche del filo conduttore dell’opera.
Il filmato è stato realizzato quest’anno ed è gia stato proiettato a Marano Vicentino e Valli del Pasubio nell’anno in cui ricorre il centenario della nascita di Bruno Brandellero (1922-1244). In ambedue i casi c’è stata una grande affluenza di pubblico.
A Bruno Brandellero è stata assegnata la medaglia d’oro al valor militare, a lui sono dedicate le scuole di Valli del Pasubio, a lui è intitolata la strada che scorre davanti al Municipio di Valli del Pasubio.
Serata libera aperta a tutti.
Le fotografie di questo articolo sono di Renzo Priante che ha fatto da assistente per la fotografia.