“Fin da piccolo volevo lavorare i campi – dice Carlo – invece mio padre mi ha mandato in fabbrica come mio fratello più grande e come lui stesso”. Poi anche la fabbrica gli è diventata stretta e così intrapreso un altro mestiere, quello del muratore che gli ha permesso di stare all’aria aperta.
Mano mano che si avvicinava alla pensione emergeva forte l’antico desiderio, quello che da giovane non aveva potuto soddisfare.
Ha cominciato a comprare campi in pianura e sul Monte Summano. I sabati e le domeniche erano dedicati a preparare il terreno, andare a vedere qualche vacca e già che c’era comprarne qualcuna.
Al momento della pensione era pronto: poteva fare il contadino così è nata questa piccola attività.
Una tettoia ricavata con mezzi di fortuna in pianura, niente porte o finestre solo un telo tanto le vacche si tengono caldo lo stesso.
Oggi Carlo si deve muovere con il bastone, anca e ginocchio non gli lasciano scampo. “Ho avuto fortuna ho trovato un giovane che vuol fare il contadino e così un po’ alla volta l’ho coinvolto in parte del lavoro”.
D’inverno le vacchie stanno dentro la stalla e richiedono un’attenzione quotidiana. Ogni giorno bisogna provvedere l’acqua, il fieno, la farina, talvolta l’avena.
Qualche vacca ha figliato e il primo latte va raccolto, è denso, pieno di grumi: non lo bevono gli umani, ma i vitelli si.
Quando le giornate si allungano le mucche mettono fuori il capo, sentono l’aria più calda e quando finalmente escono dal recinto, saltano letteralmente tanta è la voglia di muoversi.
Con l’arrivo dell’estate è il momento di cambiare dimora e anche alimentazione. Basta con il fieno secco, è il momento di andare in montagna ma di salire sul carro le bestie non ne hanno proprio voglia.
Ed ecco il momento della transumanza verso il monte Summano.
Campìgolo è una delle più belle località del monte Summano. Questo monte cinquant’anni fa era brullo, tutti andavano sul monte a raccogliere legna per la fornella o cucina economica, a fare erba per i conigli, perfino a piantare uva frumento e mais.
Poi la gente se n’è andata in fabbrica, la montagna è stata abbandonata e sui pendii del monte è cresciuta una foresta. Una delle poche zone di pascolo è qui dove Carlo porta le sue bestie.
Il terreno in montagna, a Campigolo, è stato disboscato, gli alberi tagliati lasciando solo qualche faggio maestoso e un paio di betulle. Nel punto più basso bisognava ricavare un laghetto ottenuto con i vecchi metodi: un fondo impermeabilizzato fatto di foglie di faggio e fango e tenuto efficiente dal continuo calpestio delle bestie che vanno a bere. Appena spariranno le mucche un po’ alla volta i fondo diventerà meno compatto e un po’ alla volta sparirà in modo del tutto naturale.
Il caldo spossa le vacche e, nonostante i fiori saporiti, preferiscono oziare al riparo del sole.
Bisogna spingerle fuori per rinnovare la lettiera, uno scatto e poi si muovono tutte assieme.
Il portafoglio che ho preparato ha seguito il lavoro di Carlo e di Marco attraverso tre stagioni: dall’inverno all’estate inoltrata. Ho cercato di cogliere il rapporto intimo e affettuoso tra Carlo e le “sue” vacche, la dedizione di Marco al lavoro, l’indifferente lentezza che accompagna gli animali attraverso le stagioni.
L’attività di Carlo, ultimo custode del monte Summano, restituisce a un monte ormai completamente rimboscato una porzione degli antichi paesaggi quando l’alpeggio non era così raro come oggi. Questo monte oggi interamente dedicato all’escursionismo contiene, finché dura, una piccola porzione degli antichi lavori. Questo mi interessava testimoniare.
Il portfolio ha partecipato alla mostra Il lavoro dell’uomo.