Le immagini hanno un grande potere: evocano la realtà in modo così forte che talvolta posso essere scambiate per quella. Per questo alcune religioni (ebraismo, islamismo, …) rifiutano le immagini. Si conosce la storia di Mosé che, disceso dal monte Sinai con le tavole della legge, fa distruggere tutti gli idoli. La lezione che c’è dietro questa storia è che gli uomini possono facilmente scambiare il simulacro per quello che rappresenta.
Quando il cristianesimo uscì dalla clandestinità per emergere come religione prima ammessa poi sostenuta dallo stato, nel IV secolo dC, si aprì il dibattito: quali edifici dovevano contenere i riti cristiani? Gli antichi templi pagani potevano essere utilizzati per cerimonie che si rivolgevano a un dio diverso? La risposta fu NO, e per le cerimonie del primo cristianesimo gli edifici presi in prestito non furono gli antichi templi, ma le basiliche, luoghi di riunione civile, che vennero adattati alla ecclesia ovvero alla comunità.
Il dibattito sulle immagini divenne acceso. Come spiegò Giulio Carlo Argan le prime comunità cristiane si posero il problema: possiamo rappresentare Dio in forme fisiche? Può la divinità essere rappresentata in forme materiali destinate al degrado e alla decadenza? O piuttosto bisogna rifiutare le immagini e limitarsi al verbo come avevano scelto gli ebrei?
L’enorme talento di artigiani e artisti romani corse il serio rischio di scomparire sotto l’onda di una iconofobia cristiana, senonché il dibattito prese un’altra svolta e le immagini vennero accettate nelle chiese.
l’immagine doveva avere un intento pedagogico e didattico. L’immagine non doveva essere realistica, doveva abbandonare le finezze estetizzanti del mondo ellenistico, l’immagine era solo la pallida rappresentazione di qualcos’altro che sta altrove. Nasce allora un’arte simbolica che dominerà fino a quando Giotto verrà a scombinare nuovamente i paradigmi artistici.
Il tema ritornò di attualità con le lotte di religione del XVI secolo quando i luterani, nel tentativo di tornare ad una purezza originaria, bandirono il culto delle immagini. Si scatenarono così in una furia iconoclasta che andò a cancellare la figura umana o almeno i visi.
Pensavamo di aver superato quei dibattiti e il furore iconoclasta quando, era il 2001, il mondo scoprì con orrore che vi era ancora chi odiava le immagini: i talebani con l’uso di esplosivi fecero saltare in aria le gigantesche statue di pietra dette i Budda di Bamiyan.
Poi, nel 2015, la furia contaminò il cosiddetto stato islamico che diresse la propria rabbia contro musei e opere d’arte. Qui si può vedere un filmato che colpisce per la sua violenza contro le opere d’arte.
i soci hanno raccolto immagini dei più disparati paesi della terra. Ed ecco che tra le immagini sulle distruzioni di opere d’arte riconosciamo bellezze arhitettoniche che avevamo fotografato qualche anno fa.
Ecco una piccola rassegna che testimonia l’inutile sfregio.
Palmira: arco di trionfo
Palmira: Tempio di Baal
Palmira: i tetrapili
Palmira: teatro
Le fotografie dello stato precedente sono di Paolo Tomiello, quelle successive alla distruzione sono prese da TV e giornali.
Il portfolio è stato esposto alla mostra Kalós kai Agathós.