Figura 13
Figura 13: obiettivo 80mm S&T basculante di 8° verso il basso. Il piano ottico si inclina rispetto al piano immagine.
Esistono situazioni in cui si vorrebbe estendere al massimo la profondità di campo (ad esempio nelle foto di paesaggio), altre in cui è preferibile limitarla (ad esempio nei ritratti). Ogni fotografo sa che nel primo caso occorre chiudere il diaframma, viceversa nel secondo. In alternativa occorrerebbe usare obiettivi con differenti angoli di campo: un grandangolo, ad esempio, ha una profondità di campo maggiore di un teleobiettivo. Naturalmente quando si voglia riprendere un soggetto con un determinato angolo di campo agire sul diaframma resta l’unica soluzione. Tuttavia è noto che l’eccessiva chiusura provoca un calo di qualità dell’immagine. Inoltre può essere che in questo modo non si raggiunga comunque la profondità di campo desiderata. In tal caso bisogna ricorrere a un’ottica basculante, in grado cioè di inclinare il piano ottico (piano nodale posteriore) rispetto al piano immagine e verso il piano su cui giace il soggetto. Il principio di funzionamento di questi obiettivi si basa sulla regola (o condizione) di Scheimpflug, in base alla quale quando i tre piani suddetti si incontrano in un unico punto si ha la messa a fuoco del soggetto a prescindere dal diaframma utilizzato.
Figura 14
Figura 14: obiettivo 80mm S&T a f/2,8 in posizione “normale”.
Un obiettivo 80mm a f/2,8 ha, alla minima distanza di messa a fuoco (60 cm nel caso dell’obiettivo utilizzato), una profondità di campo ridottissima, di pochi millimetri.
Figura 15: obiettivo 80mm S&T a f/22 in posizione “normale”.
Neppure chiudendo il diaframma a f/22 (che è in questo caso il diaframma minimo) si riesce ad avere tutto il soggetto a fuoco.
Figura 16
Figura 16: obiettivo 80mm S&T a f/5,6 basculante di 8° verso il basso.
Diverso il discorso con un’ottica basculante: con un’inclinazione di 8° verso il basso e una chiusura ad appena f/5,6 si ottiene già un risultato analogo al precedente.
Evidenti le implicazioni in macrofotografia e nella foto di paesaggio. Esaminiamo il caso della macrofotografia: la minima distanza di messa a fuoco rende la profondità di campo esigua, ponendo spesso al fotografo il dilemma di doverla estendere per riprodurre al meglio i dettagli del soggetto senza rendere troppo invadente lo sfondo.
Fig. 17
Figura 17: obiettivo 80mm S&T + tubo di prolunga di 31mm a f/2,8 in posizione “normale”.
Con la messa a fuoco al centro, come da manuale, e l’obiettivo a tutta apertura per sfocare lo sfondo, si lasciano fuori fuoco tutti i petali esterni.
Figura 18
Figura 18: obiettivo 80mm S&T + tubo di prolunga di 31mm a f/2,8 basculante di 8° verso il basso.
Stesso punto di messa a fuoco ma obiettivo basculante di 8° verso il basso: notare l’estensione della profondità di campo a tutti gli elementi in primo piano, e questo senza neppure chiudere il diaframma!
Spesso, tuttavia, gli obiettivi basculanti sono associati alla situazione contraria, cioè alla limitazione della profondità di campo che comporta il famoso (o “famigerato”) effetto miniatura.
Figura 19
Figura 19: obiettivo 80mm S&T a f/2,8 basculante di 8° verso l’alto.
Questo effetto è frequentemente emulato con un software o tramite uno stile immagine presente in alcune fotocamere digitali. Inutile sottolineare che di elaborazione software comunque si tratta, per cui lo sfocato appare decisamente artificiale.
Figura 20
Figura 20: 35mm S&T a f/2,8 basculante di 8° verso l’alto.
Figura 21
Figura 21: effetto miniatura creato con una fotocamera compatta. Lo sfocato appare artificiale.
Ovviamente scopo primario della limitazione della profondità di campo è evidenziare il soggetto.
Figura 22
Figura 22: obiettivo 80mm S&T a f/2,8 basculante di 8° verso l’alto.
Figura 23
Figura 23: obiettivo 35mm S&T a f/2,8 basculante di 8° verso l’alto.
Gli obiettivi basculanti e decentrabili sono costruiti solitamente in lunghezze focali che vanno da 24 a 90mm.
Generalmente costano molto di più degli obiettivi di pari focale e luminosità. Per chi vuole avvicinarsi a questo mondo senza svenarsi esistono alternative decisamente più abbordabili. Per le immagini presentate in questi articoli ho utilizzato due obiettivi economici di fabbricazione ucraina,
Il 35mm non è molto indicato per le foto d’architettura (meglio un 24mm), ma è tuttavia adatto per un utilizzo generico. Sul formato 24x36mm richiede una chiusura almeno a f/8 per eguagliare la nitidezza tra centro e bordi; a tutta apertura presenta un moderato effetto soft focus, inoltre soffre di aberrazioni cromatiche. L’80mm è decisamente migliore: piuttosto nitido e contrastato, al punto che la messa a fuoco sul mirino ottico non è mai problematica (non è necessario il live view per ingrandire il punto di messa a fuoco). Anche dal punto di vista costruttivo appare più solido.
Naturalmente esistono altre possibilità tra gli “universali”: Samyang, Hartblei e Schneider Kreuznach anche se, generalmente, si tratta di alternative tutt’altro che economiche.
È possibile utilizzare, mediante adattatori “Tilt & Shift”, obiettivi progettati per formati maggiori: obiettivi medio-formato sul 24x36mm, obiettivi “full frame” sui formati più piccoli. Naturalmente è necessario che il tiraggio dell’obiettivo che si intende montare (il tiraggio è la distanza tra l’innesto dell’ottica e il piano immagine) consenta l’inserimento dell’adattatore e che il circolo immagine generato sia più ampio del sensore. Con un adattatore “shift” è possibile montare ad esempio su una fotocamera mirrorless micro quattro terzi un 14mm “full frame”, che diventa un 28mm decentrabile.
Esiste anche la possibilità di utilizzare qualsiasi ottica su adattatore “tilt”. In questo caso, restando invariato il tiraggio, l’ottica perde la messa a fuoco all’infinito e può essere utilizzata ad esempio per la macrofotografia (qui a titolo d’esempio alcuni adattatori “tilt”: http://araxfoto.com/accessories).